sabato 25 ottobre 2008

It's not over 'till it's over

A leggere i sondaggi sulla stampa americana e italiana è facile pensare che in America sia già tutto deciso. Il candidato democratico Obama distacca il repubblicano McCain con una forbice che va dai sette ai nove punti. In alcuni casi il Senatore dell'Ilinois ha superato la soglia del 50% per la prima volta.
Ma attenzione, come hanno fatto notare commentatori autorevoli d'Oltreoceano (e alcuni italiani come il sondaggista Giuseppe Cuscusa), il gap tra Obama e McCain nel running poll della Gallup è inferiore a quello goduto da Kerry su Bush nello stesso periodo di quattro anni fa, e sappiamo tutti com'è andata a finire.
Ci sono altri motivi per cui McCain e i suoi sostenitori possono rassicurarsi. Solo poche settimane fa McCain era in testa di due punti, e poi anche altre volte, con abili (anche se a volte discutibili) colpi di maestria politica ha dimostrato a livello nazionale e locale di poter cambiare le carte in tavola e vincere.
Le prospettive gli sono meno confortanti, però, se si considera l'Electoral College, cioè quel meccanismo elettorale, retaggio dei primi dell'Ottocento, secondo il quale per diventare Presidente degli Stati Uniti non conta vincere il voto popolare, bensì il voto popolare in ciascuno di un gruppo di stati che, grazie alla loro popolazione, danno almeno 270 grandi elettori. Ricordate Florida nel 2000 e Ohio nel 2004?
La differenza, oggi, è che se Obama prende solo uno tra Ohio, Florida e Virginia ha vinto in quanto la differenza nella maggioranza degli altri stati e incolmabile (come il lead di McCain in Texas e nel "vecchio sud" è incolmabile).
Obama e in testa di solo 4 punti nella Florida ma di circa 10 nell'Ohio. Il problema per McCain questa volta non è solo nei sondaggi, ma nel fatto che questi due stati più degli altri stanno soffrendo la crisi economica - e neanche l'Amministrazione Bush prevede che la situazione migliorerà prima di Capodanno.
Detto questo è d'obbligo rammentare una delle affermazioni più famose di Yoghi Berra, grande vecchio del Baseball: "It's not over 'till it's over." La partita non è finita finché l'arbitro non fischia la fine.

mercoledì 1 ottobre 2008

Dollari in tasca....Obama come Clinton

“It’s the economy, stupid” - il famoso richiamo che Bill Clinton ha fatto mettere in mostra in tutti i suoi uffici elettorali e durante tutte le riunioni della campagna elettorale gli ha portato fortuna nella contesa alla casa bianca. Questa frase è diventata oramai un mito consolidato tra gli studiosi e appassionati delle elezioni presidenziali americane. Mettere al centro di una campagna elettorale la preoccupazione economica degli americani ha portato Bill Clinton negli anni scorsi alla presidenza contro tutte le previsioni di aalisti e commentatori.La crisi finanziaria americana (per non parlare delle sue effetti mondiali) inqueste ore ha oramai messo in secondo piano "l'effetto Palin" della convention repubblicana. Agli occhi dell'elettorato stelle e strisce il repubblicano McCain ha cercato di assumersi la leadership sul tema della crisi ritirandosi dalla contesa elettorale momentaneamente per occuparsi di una soluzione legislativa tanto attesa dagli statunitensi e chiedendo ad Obama di fare lo stesso. Obama ha rifiutato dicendo che un presidente deve sapere occuparsi di più cose contemporaneamente. Più che la loro performance durante il primo dibattito pare essere proprio questa la differenza di stile che guida i due contendenti alla Casa Bianca a colpire l’elettorato. Nel sondaggio di USA Today/Gallup condotto tra il 26 è il 27, Obama distanzia tutti gli altri soggetti politici per quanto riguarda la propria risposta alla crisi di Wall Street, con un livello di approvazione allo 46% che distanzia McCain di 9 punti e Bush di 18. L’insoddisfazione del popolo americano con la soluzione di Bush é forte e diffusa. Gran parte dei deputati “ribelli” - sia democratici che repubblicani - non hanno basato la loro decisione sulle ideologia. Hanno votato per dare un segnale a quegli elettori indignati della ingente somma allocata (tra i 250 e i 700 miliardi di dollari) quando hanno visto ben poco per risolvere i propri problemi, quelli di “main street” che ritengono ormai come sia arrivata la recessione perché la sentono sulla propria pelle. In un certo senso è un ritorno al politics as usual (la politica di sempre) in quanto, con poche eccezioni, le elezioni di oltre oceano si decideranno su come stanno economicamente gli elettori.Più sarà diffusa la sensazioe di benessere e il senso che l’economia stia migliorando, più sarà probabile che il partito di Bush e McCain manterrà la Casa Bianca. Diversamente chi è più capace di convincere gli americani che possa migliorare il loro conto in banca e, grezzamente, la quantità di banconote nel proprio portafoglio (“wallet”, appunto, in inglese).Se Obama vuole vincere dovrà quindi riportare il dibattito pubblico e mediatico sull’economia e l'economia quotidiana delle famiglie americane che potrebbero votarlo, e John McCain lo sa.

(pubblicato prima qui: http://www.insidernews.it/leggi.asp?id_notize=116)