mercoledì 5 marzo 2008

Maybe he meant "Claudia Cardinale"

"Lo slogan "si può fare" l'ha inventato lei un anno fa" - è la dichiarazione del Ministro della Pubblica Istruzione Beppe Fioroni sulla candidatura nel Pd di Daniela Cardinale, figlia dell'ex ministro Salvatore Cardinale. (http://www.corriere.it/politica/parolepolitica/08_marzo_05/)

Non ho visto i sondaggi o i focus group, ma non credo che i giovani o le donne del PD si sentono rappresentati da una candidatura come la Cardinale. Sospetto che tanti siano un po' delusi dopo tanti discorsi sul "merito".
Gian Antonio Stella si diverterà molto con questa lista di candidati.

Oh, e se il Ministro naviga in Internet può andare a vedere che il Candidato Obama sta usando lo slogan da quando ha vinto le elezioni a Senatore dell'Illinois.

Per vedere uno vecchio spot suo: http://www.akpdmedia.com/ads/index.html

lunedì 3 marzo 2008

Se 59 vi sembran pochi

C'è chi, tra gli operatori politici italiani, crede molto nel potere della Rete. Non ha tutti i torti. Si può affermare che la l'utilizzo dello strumento internet abbia giocato un ruolo importante sia nella campagna elettorale del 2006 che nella creazione del Pd. Il blog di Grillo è diventato un caso mediatico internazionale. I siti delle campagne elettorali americane - di entrambi gli schieramenti - sono molteplici e ben mirati. L'importanza della Rete nella vita politica statunitense è confermata, nel mio piccolo, dai link video che mi inoltra regolamente la mia prozia ottantenne dal Milwaukee.

Ma, come si sa, durante le elezioni si vede una proliferazione di media, nuovi e vecchi. L'efficacia dei quali dipende da molti fattori: sollecitano interesse e utilizzo, riescono a motivare "i credenti" o a far cambiare voto agli indecisi. Solo dopo le elezioni, tuttavia, è possibile dare un giudizio completo sul ruolo della Rete. Ma una cosa comincia ad apparire già chiara: anche in politica, attivare forum di per sè non fa notizia.

L'esempio più lampante è il lancio di ben 59 forum tematici del Partito democratico. Una conferenza stampa affollata in Via Sant'Andrea delle Fratte ma, il giorno dopo, dell'evento si trovava solo qualche breve riferimento in chiusura di qualche articolo. Nessuna traccia, il giorno dopo, su organi di partito come Europa e L'Unità.

Certo, dipende anche dall'insieme delle altre notizie del giorno. Ma scometto che il semplice fatto di aver aperto dei forum non interessa più a nessuno, se non a pochi appassionati della discusione politica sulla Rete - ma anche loro spesso preferiscono altri "luoghi": blog già popolati di visitatori, i forum dei principali quotidiani, i social network.

Non è bastato neanche il numero ambizioso di forum (ben 59) e alcuni titoli curiosi ("Prospettiva Nevskji", "Le disuguaglianze nella salute").

E forse non è un caso che oggi, a circa una settimana dal loro lancio, arrivarci dalla home page del Pd è un compito arduo.

giovedì 21 febbraio 2008

1000 euro al mese ai precari e un seggio al figlio di...

Non ho niente di specifico contro nomi che circolano in questi giorni sulla stampa e tra gli operatori sui giovani che occuperano il prestigioso ruolo di capolista del Pd nelle prossime politiche. Per principio preferisco dagli il benificio del dubbio che possano essere degni rappresentanti parlamentari e, perchè no, meritevole leader politici. Sono giovani e spesso carismatici e portano cognomi importanti e, soprattutto, riconoscibili. Ancora meglio se vogliono investire le proprie risorse.

Niente di nuovo. Ogni paese ha le sue dinastie politiche e economiche, ed è del tutto normale se un industriale o imprenditore desidera scomettere il proprio immagine e I propri risparmi per “prestarsi” alla politica. Mitt Romney, Al Gore, George Bush (x2), Riccardo Illy, Silvio Berlusconi e tanti altri. Si stima che oltre il 30% del congresso a stelle e striscia è composto da millionari (in dollari, ovviamente) .

Ma il sistema politica e sociale in America, per lo meno, li obbliga convincere l'elettorato che, nonostante tutto, sono “uno di loro”. E gli obbliga a sottoporsi ad estenuanti e frustranti primarie e campagne elettorali.

Il mio primo candidato "di successo" in America era conoscito soprattutto perché omonimo della grande catena di supermercati di famiglia (ha vinto allora, e dopo 18 anni è ancora uno dei Senatori più popolari dell'America).

Veltroni, con il rifiuto di De Mita e la proposta di un minimo di mille lire al mese per i tanti giovani laureati nel limbo del precariato sta cercando di trasmettere un immagine nuova, che rompe con l'Italia di sempre. Apparerebbe molto strano se poi scegliesse candidure simboliche che mandassero, nonostante l'età e le faccie fresche, un messaggio forte e contraditoria.

Ma non sono l'unico a esprimere perpelssità in una tale eventuale scelta: anche il presidente di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, a dovercelo ricordare: "Non possiamo avere un Paese in cui in campagna elettorale, nelle liste elettorali, ci siano tutti i 'figli di...'".


di Joshua Lawrence

We Can (Change our Slogan)

"Si può fare".
Non è che non funziona come slogan in sé, nel contesto delle primarie democratiche negli Stati Uniti (e probabilmente anche altrove), lo slogan è geniale. Racchiude in poche parole il messaggio principale e lo spirito della campagna di Obama. In un'America che cerca riscatto, "Yes we can" vibra come ritornello estivo.
È comprensibile, visto l'umore della base del centro sinistra in questo momento pre-elettorale, cercare qualcosa che dia energia ai propri militanti. In questo senso potrebbe essere utile, nel breve.
Ma è una scelta incompleta, o almeno così comincia ad apparire a tanti. Se lo nota anche uno come Alfonso Signorini (che si occupa di costume, non di comunicazione politica) nella sua trasmissione mattiniera su Radio Monte Carlo, lanciando un appello agli ascoltatori a mandare contributi migliori, dovrebbe cominciare a sembrare già vecchio agli strateghi del Pd.
Oltre ad essere un caso unico il fatto che uno dei principali partiti di una nazione europea adotti paro paro lo slogan da una campagna americana (una primaria in corso), è importante ricordare che, in Italia, il PD rappresenta la maggioranza uscente.
Obama, nella campagna americana, rappresenta lo sfidante, non l'uscente. Un messaggio di empowerment ha più senso. Ma, soprattutto, con lui il collegamento è diretto, non è mediato dall'immagine di altri. Quando lo usa Veltroni passa, necessariamente, per Obama.

giovedì 14 febbraio 2008

Maine 2008

Obama vince nel Maine


Cambia poco nel concreto, ma molto dal punto di vista simbolico.
Poco perché il Maine manda soltanto 24 degli 4.049 delegati al congresso democratico e perché il meccanismo di voto, il caucus (assemblee di simpatizzanti di un partito che si dichiarano pubblicamente per un candidato e poi si contano), gli consentirà di ottenere poco più della metà dei delegati nonostante l'ampio distacco in termini di punti percentuali.
Fa parte delle regole. Nel Nevada, sempre per i meccanismi e le regole locali del caucus, Obama ha preso un delegato in più nonostante avesse registrato meno consensi di Hillary Clinton.
Ma la vittoria di Obama nel Maine è stata importante perché, come nell'Iowa e con le vittorie schiaccianti in altri stati del "vecchio West" come Minnesota, North Dakota, Colorado e Idaho, dove è molto contenuta la quota dell'elettorato di colore o di altre minoranze, il "candidato nero" sfonda.
In una sua analisi Mino Fucillo ha descritto Obama come "...il complesso di colpa interiorizzato per il bushismo e la speranza di indistinti giorni migliori". Ma è una questione di senso di colpa o è il fatto che oramai, almeno in quelle parti degli Usa dove la popolazione nera è minoritaria, gli americani, o quantomeno l'elettorato democratico, quasi non ragiona più in termini di razza? In quell'America oramai abituata all'idea di un presidente nero o donna, grazie a popolarissime serie televisive come "24", la "carta razza" di Obama funziona proprio perché quasi non la usa.
Obama sa di non averne bisogno. Non ha bisogno di dimostrare che è nero, ma che potrebbe fare il presidente. D'altra parte, chi non lo voterebbe a causa del colore della sua pelle non voterebbe comunque un candidato presidente democratico.



Pubblicato prima in: http://www.agenziaelettorale.it/electionrace/maine.html