lunedì 23 giugno 2008

Consumption VS Conservation

Elezioni Usa: l'ambientalismo e la sfida del caro-energia

Nonostante il primato di principale consumatore di energia e di risorse – sia in termini pro-capite che assolute – gli Stati Uniti hanno recentemente dato vita ad alcuni dei primi e più diffusi movimenti ambientalisti. Questa apparente contraddizione è arrivata in primo piano nelle elezioni presidenziali americane grazie a due avvenimenti di questa settimana: la tensione tra preservare l’ambiente e il costo dell’energia. Da un lato, il premio nobel e ex vicepresidente Al Gore ha annunciato il suo sostegno ufficiale per il candidato democratico ha affermato martedì che Obama è “un candidato che, rispondendo a coloro che dubitano sulle nostre capacità di risolvere la crisi climatica e creare un futuro luminoso, ha ispirato milioni di persone a dire “Si, si può fare”. Dall’altro lato, il candidato repubblicano John McCain ha annunciato lunedì (con il ventilato sostegno del Presidente) che un punto chiave nel suo programma energetico è il ritiro del blocco sullo sfruttamento di riserve di gas e petrolio dai bacini lungo le coste.

Il Congresso ha imposto un moratoria in tutte le acque costieri (tranne il Golfo di Messico e alcuni parti dell’Alaska) già nel 1981, e il primo Presidente Bush ha imposto un altro blocco con un decreto esecutivo nel 1990 a seguito esteso da tutti i suoi successori (scadrà nel 2012).

McCain ritiene necessario l’apertura a nuove esplorazione e sfruttamento lungo le coste sia per favorire la riduzione del prezzo del petrolio, sia per le risorse che arriveranno allo stato dalle nuove licenze concesse. Obama, invece, vuole mantenere la moratoria, e afferma che comunque, anche se si facesse non potrebbe avere un impatto sul prezzo del petrolio in meno di 5 anni.

Comunque, al di là delle implicazioni reali dei due annunci sull’economia americana, è opportuno chiedersi che tipo di impatto avranno le questioni ambientali e economiche nelle elezioni del 3 novembre è opportuno chiedersi che influenza avranno le questioni ambientali sul comportamento dell’elettorato e se tali questioni entreranno in conflitto con il desiderio di prezzi più basse alla pompa. In altre parole, che cosa è più importante all’elettore americano: i SUV o la sicurezza ambientale delle coste per la flora e la fauna che ci abita, foche incluse.

Una cosa è sicuro: il carobenzina sta già modificando pesantemente il comportamento degli americani – che snobbano sempre di più le vetture ad alto consumo, mettendo in crisi le case automobilistici stelle e strisce. In altre parole, l’alto prezzo del carburante sta già cambiando il rapporto degli americani con la macchina. L’ironia è che insostenibilità dei costi potrebbe modificare in modo duratura il comportamento del consumatori americani con un impatto positivo sull’ambiente che difficilmente sarebbero stati possibili attraverso la regolamentazione governativa.

apparso originalmente su Insidernews.it (http://www.insidernews.it/leggi.asp?id_notize=108)

SUV o orsi polari?

Due avvenimenti recenti della campagna elettorale americana risollevano una questione di base della politica americana (se non mondiale) - la tensione tra preservare l'ambiente e il costo dell'energia. Da un lato, il premio nobel ed ex vicepresidente Al Gore ha annunciato il suo sostegno ufficiale per il candidato democratico affermando che Obama è "un candidato che, rispondendo a coloro che dubitano sulle nostre capacità di risolvere la crisi climatica e creare un futuro luminoso, ha ispirato milioni di persone a dire "Si, si può fare".

Quasi contemporaneamente il candidato repubblicano John McCain ha annunciato (con il ventilato sostegno del Presidente) che un punto chiave nel suo programma energetico è il ritiro del blocco sullo sfruttamento di riserve di gas e petrolio dai bacini lungo le coste (vietati quasi ovunque nel paese dal 1990).

Al di la dei meriti concreti dei due annunci è opportuno chiedersi che tipo di impatto avranno le questioni ambientali ed economiche nelle elezioni del 3 novembre e chiedersi se tali questioni entreranno in conflitto con il desiderio di avere prezzi più bassi alla pompa di benzina.

In altre parole, che cosa è più importante per l'elettore: il Suv o la sicurezza ambientale della flora e della fauna che popola le coste, foche e orsi polari inclusi.



(orginally published here: http://www.agenziaelettorale.it/electionrace/suv.html)

lunedì 26 maggio 2008

"It's not over until the fat lady sings"

C'è molta speculazione, in America quanto in Italia, sull'eventuale ritiro della candidatura della Clinton dalla corsa alla nomination dei democratici. Sono rimasti da decidere una manciata di stati e oramai le sue chance di acchiappare numericamente la nomination son paragonabili a quello della Roma di superare l'Inter a due giornate dalla fine del campionato. Insomma, non ci scommetterei soldi miei.
Come mai, allora, non si ritira?
Un'ipotesi è che, seppur improbabile acciuffare un sorpasso, nel circo della democrazia che è la Convention, intende far senitire il suo peso.
Ma per capire veramente la mentalità americana si deve ricordare che i sostenitori dei candidati presidenziali non sono così diversi dai tifosi della Roma. Arrivati fin qui, la Clinton sa che milioni dei suoi sostenitori pretendono che vada fino in fondo.
Per dirla con una vecchia canzone: It's not over until the fat lady sings.

mercoledì 5 marzo 2008

Maybe he meant "Claudia Cardinale"

"Lo slogan "si può fare" l'ha inventato lei un anno fa" - è la dichiarazione del Ministro della Pubblica Istruzione Beppe Fioroni sulla candidatura nel Pd di Daniela Cardinale, figlia dell'ex ministro Salvatore Cardinale. (http://www.corriere.it/politica/parolepolitica/08_marzo_05/)

Non ho visto i sondaggi o i focus group, ma non credo che i giovani o le donne del PD si sentono rappresentati da una candidatura come la Cardinale. Sospetto che tanti siano un po' delusi dopo tanti discorsi sul "merito".
Gian Antonio Stella si diverterà molto con questa lista di candidati.

Oh, e se il Ministro naviga in Internet può andare a vedere che il Candidato Obama sta usando lo slogan da quando ha vinto le elezioni a Senatore dell'Illinois.

Per vedere uno vecchio spot suo: http://www.akpdmedia.com/ads/index.html

lunedì 3 marzo 2008

Se 59 vi sembran pochi

C'è chi, tra gli operatori politici italiani, crede molto nel potere della Rete. Non ha tutti i torti. Si può affermare che la l'utilizzo dello strumento internet abbia giocato un ruolo importante sia nella campagna elettorale del 2006 che nella creazione del Pd. Il blog di Grillo è diventato un caso mediatico internazionale. I siti delle campagne elettorali americane - di entrambi gli schieramenti - sono molteplici e ben mirati. L'importanza della Rete nella vita politica statunitense è confermata, nel mio piccolo, dai link video che mi inoltra regolamente la mia prozia ottantenne dal Milwaukee.

Ma, come si sa, durante le elezioni si vede una proliferazione di media, nuovi e vecchi. L'efficacia dei quali dipende da molti fattori: sollecitano interesse e utilizzo, riescono a motivare "i credenti" o a far cambiare voto agli indecisi. Solo dopo le elezioni, tuttavia, è possibile dare un giudizio completo sul ruolo della Rete. Ma una cosa comincia ad apparire già chiara: anche in politica, attivare forum di per sè non fa notizia.

L'esempio più lampante è il lancio di ben 59 forum tematici del Partito democratico. Una conferenza stampa affollata in Via Sant'Andrea delle Fratte ma, il giorno dopo, dell'evento si trovava solo qualche breve riferimento in chiusura di qualche articolo. Nessuna traccia, il giorno dopo, su organi di partito come Europa e L'Unità.

Certo, dipende anche dall'insieme delle altre notizie del giorno. Ma scometto che il semplice fatto di aver aperto dei forum non interessa più a nessuno, se non a pochi appassionati della discusione politica sulla Rete - ma anche loro spesso preferiscono altri "luoghi": blog già popolati di visitatori, i forum dei principali quotidiani, i social network.

Non è bastato neanche il numero ambizioso di forum (ben 59) e alcuni titoli curiosi ("Prospettiva Nevskji", "Le disuguaglianze nella salute").

E forse non è un caso che oggi, a circa una settimana dal loro lancio, arrivarci dalla home page del Pd è un compito arduo.

giovedì 21 febbraio 2008

1000 euro al mese ai precari e un seggio al figlio di...

Non ho niente di specifico contro nomi che circolano in questi giorni sulla stampa e tra gli operatori sui giovani che occuperano il prestigioso ruolo di capolista del Pd nelle prossime politiche. Per principio preferisco dagli il benificio del dubbio che possano essere degni rappresentanti parlamentari e, perchè no, meritevole leader politici. Sono giovani e spesso carismatici e portano cognomi importanti e, soprattutto, riconoscibili. Ancora meglio se vogliono investire le proprie risorse.

Niente di nuovo. Ogni paese ha le sue dinastie politiche e economiche, ed è del tutto normale se un industriale o imprenditore desidera scomettere il proprio immagine e I propri risparmi per “prestarsi” alla politica. Mitt Romney, Al Gore, George Bush (x2), Riccardo Illy, Silvio Berlusconi e tanti altri. Si stima che oltre il 30% del congresso a stelle e striscia è composto da millionari (in dollari, ovviamente) .

Ma il sistema politica e sociale in America, per lo meno, li obbliga convincere l'elettorato che, nonostante tutto, sono “uno di loro”. E gli obbliga a sottoporsi ad estenuanti e frustranti primarie e campagne elettorali.

Il mio primo candidato "di successo" in America era conoscito soprattutto perché omonimo della grande catena di supermercati di famiglia (ha vinto allora, e dopo 18 anni è ancora uno dei Senatori più popolari dell'America).

Veltroni, con il rifiuto di De Mita e la proposta di un minimo di mille lire al mese per i tanti giovani laureati nel limbo del precariato sta cercando di trasmettere un immagine nuova, che rompe con l'Italia di sempre. Apparerebbe molto strano se poi scegliesse candidure simboliche che mandassero, nonostante l'età e le faccie fresche, un messaggio forte e contraditoria.

Ma non sono l'unico a esprimere perpelssità in una tale eventuale scelta: anche il presidente di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, a dovercelo ricordare: "Non possiamo avere un Paese in cui in campagna elettorale, nelle liste elettorali, ci siano tutti i 'figli di...'".


di Joshua Lawrence

We Can (Change our Slogan)

"Si può fare".
Non è che non funziona come slogan in sé, nel contesto delle primarie democratiche negli Stati Uniti (e probabilmente anche altrove), lo slogan è geniale. Racchiude in poche parole il messaggio principale e lo spirito della campagna di Obama. In un'America che cerca riscatto, "Yes we can" vibra come ritornello estivo.
È comprensibile, visto l'umore della base del centro sinistra in questo momento pre-elettorale, cercare qualcosa che dia energia ai propri militanti. In questo senso potrebbe essere utile, nel breve.
Ma è una scelta incompleta, o almeno così comincia ad apparire a tanti. Se lo nota anche uno come Alfonso Signorini (che si occupa di costume, non di comunicazione politica) nella sua trasmissione mattiniera su Radio Monte Carlo, lanciando un appello agli ascoltatori a mandare contributi migliori, dovrebbe cominciare a sembrare già vecchio agli strateghi del Pd.
Oltre ad essere un caso unico il fatto che uno dei principali partiti di una nazione europea adotti paro paro lo slogan da una campagna americana (una primaria in corso), è importante ricordare che, in Italia, il PD rappresenta la maggioranza uscente.
Obama, nella campagna americana, rappresenta lo sfidante, non l'uscente. Un messaggio di empowerment ha più senso. Ma, soprattutto, con lui il collegamento è diretto, non è mediato dall'immagine di altri. Quando lo usa Veltroni passa, necessariamente, per Obama.